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1960 Raymond Savignac |
Molte sono le informazioni che si
possono trarre dall’osservazione di un manifesto pubblicitario, da quelle
sociologiche a quelle storiche o artistiche, financo a quelle materiali sulle
tecniche con cui sono stati realizzati i manifesti stessi.
Ci sono poi manifesti che possono
raccontare delle vere e proprie storie, come il caso della penna a sfera
commercializzata dal marchio Bic.
La penna a sfera nasce da un’idea
scaturita nella mente dell’ungherese Laszlo Birò, personaggio poliedrico con il
pallino delle invenzioni (*) e giornalista di professione, che riuscì a mettere
assieme un’esigenza pratica - non sporcarsi le mani ogni qual volta doveva
scrivere, ossia sempre – con l’osservazione del gioco di alcuni bambini.
Con un po’ di fantasia è possibile
immaginare Birò che, attratto dal vociare di alcuni bambini che giocano in
cortile, inizia ad osservare il loro gioco, le biglie. Ed è proprio quel
semplice e antico gioco a dargli la prima illuminazione: con abili e veloci
movimenti i bambini facevano roteare le piccole sfere e queste, dopo aver
attraversato pozzanghere fangose, lasciavano dietro di loro una scia colorata,
proprio come quando si fa scorrere la penna intinta di inchiostro su un foglio.
Birò però intuì fin da subito che
l’inchiostro che comunemente usava per scrivere con la penna stilografica non
poteva andar bene per una penna a sfera perché era troppo liquido e mai avrebbe
intinto la sfera in modo tale da lasciare un segno forte e deciso sulla carta.
Così chiese aiuto al fratello Gyorgy che con la chimica ci sapeva fare. Gyorgy
iniziò quindi a studiare un particolare inchiostro che fosse vischioso al punto
giusto in modo che, caricato in quella speciale cartuccia inventata dal
fratello, potesse rimanere attaccato alla sfera nel suo roteare. Fu così che
venne inventata la prima penna a sfera.
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1952 Raymond Savignac |
Laszlo intuì fin da subito che
quell’idea non solo avrebbe modificato il modo di scrivere, senza più intingere
il pennino nel calamaio, ma avrebbe potuto fargli guadagnare un bel po’ di
soldi. Un’idea tanto rivoluzionaria che doveva, senza indugi, proteggere
nell’unico modo che la legge gli consentiva: depositando il brevetto. Come si
può ricavare dai documenti ufficiali, il 15 giugno 1938 la penna Biro venne
registrata all’ufficio brevetti sia dell’Ungheria che della Gran Bretagna.
1938, un anno funesto per quanti come i
fratelli Birò avevano origini ebree. La promulgazione della leggi razziali da
parte del Terzo Reich portò molti ebrei, con discrete disponibilità economiche,
a fuggire in luoghi dove le loro origini non potessero essere motivo di
persecuzione. Fu così che i due fratelli decisero di sbarcare in Argentina con
le loro valige piene dell’occorrente per fabbricare penne a sfera.
Ma le cose non andarono come aveva
previsto Laszlo. La produzione di quell’oggetto tanto semplice richiedeva un
apprezzabile impegno economico e quindi la penna a sfera non poteva essere
venduta a prezzi popolari. Il prezzo unitario di quell’utile oggetto però non
preoccupò minimamente il governo britannico che invece riuscì a cogliere invece
l’aspetto pratico di tenere una penna sfera nel taschino delle giacche
piuttosto che una penna stilografica. Fu così che nel 1943 commissionò a Birò
la fornitura di ben 30.000 pezzi che avrebbe distribuito ai suoi militari.

Nonostante l’impegno e il continuo
studio per migliorare quella penna tanto innovativa, Laszlo Birò però non
riuscì mai a far decollare la sua produzione, vuoi per un cattiva campagna
pubblicitaria per farla conoscere, vuoi per i costi di produzione ancora troppo
elevati per rendere quell’idea veramente popolare.
Arriviamo così all’inizio del 1950
quando Birò ricevette la telefonata del marchese Marcel Bich che gli offriva
una discreta somma di denaro per la cessione del brevetto di quella penna tanto
innovativa. Inizialmente Birò tergiversò, ma poi cedette.

La strada del successo della penna Bic
da questo punto in poi fu tutta in salita: nel 1952 divenne penna ufficiale
della principale kermesse sportiva della Francia, il Tour de France, e negli
anni successivi divenne oggetto di largo consumo in molti altri paesi europei.
Arriviamo poi al 1960, anno in cui
venne realizzato il cartellone che ha ispirato questo racconto. La penna a
sfera Bic – che molti chiamavano ancora semplicemente penna biro – fu
protagonista di un cartellone disegnato dal bravissimo Raymond Savignac: uno
scolaro con tanto di pantaloni al ginocchio e un’enorme testa a forma di sfera.
Una pubblicità che divenne celeberrima, che colorò per molti anni i muri di
tantissime città e che, proprio per la sua capacità di attrarre l’attenzione,
divenne anche il marchio che ancora oggi caratterizza il marchio Bic.
(*) sua l’invenzione del cambio
automatico delle automobili che nel 1932 vendette alla General Motors.
Silvia Rizzato