domenica 24 luglio 2016

Umberto Di Lazzaro (1898-1968), cartellonista degli aerei



1920 Coppa Bonmartini
Questa storia ha inizio qualche anno fa quando la Soprintendenza ci diede un incarico per compilare 400 schede Autore all’interno del progetto di catalogazione della Raccolta Salce.
Una lista di 400 nomi, acronimi e pseudonimi che avevano bisogno di identità anagrafica oltre che professionale.
Per alcuni artisti non fu difficile trovare i dati richiesti dalla schedatura, consultando banche dati di musei o collezioni, oppure pubblicazioni online.
1927 Coppa Schneider
Per altri invece, supponendo il luogo di nascita – la ricerca è fatta anche di colpi di fortuna -, siamo ricorsi  agli Uffici Anagrafe, come nel caso di Gino Francioli, Ester Sormani, Bruno Bellesia, Giulio Giuli, Delfo Previtali ecc.
Divenne invece quasi un tormentone, la ricerca riguardante l'identità di un gruppetto di artisti; una sfida impossibile per capire chi fossero e in che ambito avessero lavorato. Fu il caso di Emka, cartellonista molto attivo e con guizzi di originalità  - tra i tanti lavori realizzati creò l'immagine icona dei Baicoli della Colussi - dietro il cui pseudonimo potrebbe celarsi il pittore veronese Manlio Cappellato (ci ripromettiamo in un prossimo futuro di tornare a occuparci di lui per dare eventuale conferma della nostra ipotesi); Mario Rossi, famoso per i suoi cartelloni della Motta o della China Martini; Giorgio Viola e tanti altri.
1928 Varie forme di aeroplani moderni
Fra questi “casi impossibili” rientrava anche Umberto Di Lazzaro, attivo per poco più di un decennio a cavallo tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, con una produzione nota che non arriva a quindici cartelloni. E questo nonostante che in ogni pubblicazione o esposizione di aeropittura egli venga citato.
Per chi fa ricerca la resa è sempre difficile da accettare e spesso senza un motivo ci si trova, anche a distanza di tempo, a spiluccare in qualche archivio o banca dati per vedere se può emergere qualche nuova informazione.
1928 Nomenclature generali dell'aeroplano
Il fato ha voluto che da un rimando all’altro di notizie si arrivasse a Trivento, comune della provincia di Campobasso dove ebbero i natali i genitori di Eldo Di Lazzaro, cantante divenuto famoso negli anni Trenta-Quaranta per aver composto canzoni come Chitarra Romana.
Tutte le notizie relative a Eldo di Lazzaro e alla sua famiglia sono raccolte nella banca dati dell’archivio MeMo e proprio in questo archivio si trova anche un Umberto Di Lazzaro, nato a Roma il 30/08/1898 e morto nella capitale il 20/06/1968.
1927 Giro aereo d'Europa
Con pazienza, sfogliando tutti i record dei Di Lazzaro, è stato possibile ricostruire l’intero nucleo famigliare di Umberto.
Figlio di Ferdinando e Degenia Siliprandi, Umberto ebbe sei fratelli, il più anziano, Erasmo nacque a Ravenna nel 1885, Elvira e Raniero a Trivento nel 1888, e gli altri, a partire da Riccardo nel 1892, nacquero tutti a Roma, (Ottorino 1895 e Irma 1897).
Ciò che mancava a questo punto era sapere la professione di Umberto e gli amministratori della banca dati MeMo hanno confermato che nei documenti in loro possesso Umberto è registrato come “disegnatore”.
1931 Trasvolata Italia-Brasile
Non sappiamo in quale scuola abbia acquisito tale titolo ma probabilmente si trattava di un istituto tecnico dove poté assecondare la sua passione per gli aerei che disegnava con estrema perizia e in modo molto realistico.
Il suo primo cartellone conosciuto è quello realizzato per la Coppa Bonmartini nel 1926 dove l’opera di Di Lazzaro è ancora profondamente condizionata dallo stile realistico dei cartellonisti di inizio secolo: un ragazzino con pantaloni corti rincorre il suo modellino prima che questo tocchi terra.
Ma già nel 1927, quando si cimenta con la realizzazione del cartellone
per la Coppa Schneider che si svolse
1933 Trasvolata del decennale
a Venezia, Di Lazzaro inizia a dar mostra di conoscere i contenuti della nuova arte che si stava imponendo al grande pubblico, quell’aeropittura che aprirà la strada al secondo futurismo. Se il Pegaso imbizzarrito tra le acque dell’Adriatico è ancora raffigurato in modo quasi “documentario”, nonostante la figura mitologica incarni perfettamente il nuovo spirito artistico che avanzava, indomabile e sprezzante del pericolo, è l’idrovolante rosso che sfreccia nel cielo blu, con sbaffi che sembrano ghiaccioli formatisi per la velocità e l’alta quota raggiunta dal velivolo, a introdurci nel mondo futuristico della modernità.
Di Lazzaro però, nonostante questo acerbo guizzo futurista, non riuscirà mai ad essere annoverato tra gli aeropittori e di fatto non parteciperà mai a nessuna esposizione dedicata alla nuova arte.
1933 Trasvolata del decennale
Nei manifesti successivi a quello della Coppa Schneider infatti torna a prevalere la sua formazione tecnica, dove il gusto per il dettaglio dell’aereo prevale sulla fantasia compositiva, come se non riuscisse a far suo quel quarto punto del manifesto degli aereopittori che enunciava: “dipingere dall’alto questa nuova realtà impone un disprezzo profondo per il dettaglio e una necessità di sintetizzare e trasfigurare tutto”. Di Lazzaro di fatto non riuscirà mai veramente a prendere il volo verso una sintesi della rappresentazione perché a lui non interessava tanto una visione trasfigurata del mondo visto dall’alto quanto piuttosto la macchina per raggiungere quell’obiettivo.
1933 Crociera del decennale
Non a caso, nel 1928 realizzerà due cartelloni didattici sulla Nomenclatura Generale dell’Aeroplano e Varie Forme di Aeroplani Moderni e nel 1929 quando firma il manifesto del Giro Aereo d’Europa, è assente ogni riferimento al futurismo.
Difficile quindi assimilare l’arte di Di Lazzaro a quella di Fedele Azari, Giacomo Balla, Tullio Crali, Gerardo Dottori, Fortunato Depero e tanti altri.
1936 ca. Linee aeree italiane
Di Lazzaro alla fine si lasciò trasportare più dalla sua passione per l’aeronautica e la propaganda di regime che all’adesione a un movimento artistico che probabilmente sentiva estraneo.
Del 1931 è il manifesto della Trasvolata Italia-Brasile con protagonista Italo Balbo e del 1933 sono i manifesti della Trasvolata atlantica del Decennale - anche questa impresa compiuta da Balbo partendo dalla capitale italiana e raggiungendo New York in pattuglia con 25 idrovolanti - dove il carattere descrittivo è preponderante sulla fantasia, salvo in quello della Crociera aerea del Decennale in cui l’Italia è rappresentata dalla faccia del Duce scolpita sulla pietra bianca e gli Stati Uniti dallo skyline di New York che ricorda vagamente la lezione di Sant’Elia.
E’ solo nel suo ultimo manifesto conosciuto che Umberto di Lazzaro cerca di tornare alla lezione dei maestri futuristi, quel cartello realizzato attorno al 1936 per l’ENIT che pubblicizza le Linee Aeree Italiane. Due aerei stilizzati, uno rosso e uno bianco, si incrociano in volo, uno in fase di decollo e uno in atterraggio ed entrambi presentano le stesse roboanti scie di un mondo che corre, o meglio che vola a una velocità supersonica.
1927 Circuito dell'Atlantico
1931 Crociera Transatlantica
Cosa sia stata l’attività di Di Lazzaro dopo questo suo ultimo manifesto fino al 1968, anno della sua morte, non è dato ancora sapere. Forse ha assecondato la sua passione prediligendo il disegno meccanico degli aerei all’effimera arte passeggera della pubblicità.

(Silvia Rizzato)


venerdì 8 luglio 2016

Piccola precisazione su Palazzo Pola a Treviso

Ieri, il bibliotecario di Treviso Gianluigi Perino, mi ha segnalato una curiosità, cosa assolutamente normale per una persona con la sua passione per i libri e i loro contenuti!
Parlando di Palazzo Pola, di cui abbiamo scritto pochi giorni fa, mi ha fatto notare, citando il Michieli del 1938, come i pannelli che componevano le balconate dello stesso, fossero conservate al Victoria and Albert Museum di Londra.
Verificata la notizia, nel sito del museo londinese trovo pure la scheda dei pannelli (di cui proponiamo una foto).
Le notizie "tecniche" del pannello, riportano che è stato realizzato nel XV secolo - data compatibile con la realizzazione del palazzo che ricordiamo è del 1492 -; che l'artista che l'ha scolpito è sconosciuto e che il pannello è stato realizzato in pietra d'Istria.
Fin qui, nulla da eccepire.
Se poi si passa alla descrizione dell'opera però si legge che il pannello è stato disegnato e realizzato da certo Alfonso Lombardi, uno scultore nato a Ferrara nel 1497 circa e morto a Bologna nel 1537, città quest'ultima dove il Lombardi fu particolarmente attivo.
Risulta pertanto assai difficile che il Lombardi abbia realizzato questo pannello ... a meno che esso non provenga da Palazzo Pola.
Ben note sono le opere di Pietro Lombardo e della sua bottega, dove la raffinatezza di esecuzione era una sorta di marchio di fabbrica, ma si sa che spesso la realizzazione di dettagli come le balaustre (di fatto è sconosciuta la collocazione originaria) erano affidati a tajapria che lavoravano per la bottega dei maestri.
Vi proponiamo comunque la scheda del Victoria and Albert Museum, a cui abbiamo già segnalato l'imprecisione.
http://collections.vam.ac.uk/item/O163655/panel-unknown/
Buona lettura!

domenica 3 luglio 2016

Palazzo Pola in piazza dei Cerchi

Palazzo Pola, assieme alla dimora dei Bressa, era senz'altro tra i più belli edifici che Treviso potesse vantare.
Furono commissionati da due importanti famiglie, Pola e Bressa, che non erano orinde di Treviso e che entrambe videro modificati i loro cognomi originari, preferendo l'indicazione del luogo di provenienza.
Ricordiamo che i Bressa, originari dai territori bresciani, quando arrivarono a Treviso si chiamavano Bettignoli.
I Pola o Castropola invece, come si può intuire, provenivano dall'omonima città istriana e il loro cognome originario era Sergi. Si trattava di un'importante famiglia che vantava origini molto antiche, discendenti dalla gens Sergia romana, quegli stessi Sergi che tra il 25 e il 10 a.c. fecero costruire l'omonimo arco che ancora si può ammirare a Pola.
I Sergi intrattenevano stretti rapporti con il patriarca di Aquileia, tanto che nel 1294, per evitare le pretese veneziane sulla città, il patriarca li riconobbe come guida della città dando loro la possibilità di insediarsi nel Castro Polae che divenne, in forma contratta, il secondo cognome con cui si identifava la famiglia: i Castropola.
Quando nel 1331 il popolo di Pola si sottomise volontariamente al dominio di Venezia i Sergi dovettero abbandonare la loro città, riparando a Treviso dove, con il favore degli stessi veneziani, acquistarono prestigio e benefici.
Qui i Sergi, o i Castropola o semplicemente i Pola, entrano a far parte della nobiltà cittadina e, come i Bressa, decisero di far costruire un palazzo degno del loro rango.
Entrambe le famiglie decisero di affidare il progetto delle loro dimore a una tra le più importanti botteghe operanti a Venezia e nella terraferma della Serenissima: i Lombardo, famosi architetti e scultori originari dalla Val Brembana, il cui vero cognome era Solari.
I Bressa affidarono la progettazione al giovane Tullio, poco più che trentenne, mentre i Pola preferirono rivolgersi al più esperto Pietro, padre di Tullio.
A ben vedere i due prospetti dei palazzi, non possono esserci dubbi che entrambi presentino lo stesso "marchio di fabbrica", riscontrabile per esempio nella lunga serie di aperture centinate che contrassegna il salone passante dei due piani nobili e le aperture di sottotetto centinate.
Curioso rilevare gli anni di realizzazione dei due palazzi: 1493 palazzo Bressa, 1492 palazzo Pola.
E' inoltre interessante notare, riportando una parte del contratto di tajapiera trascritto da Gustavo Bampo nel suo Spoglio notarile, come le due fabbriche siano "cresciute" guardando i dettagli una dell'altra: "prometono el dicto m. Stefano et m. Bortolo simul et in solidum far le colone de i portegi de la sua casa cum suo volti de pria viva a muro de do prie soazadi de fuora come e quale de le balchonade de queli da puola (palazzo Pola)". In pratica, il figlio guardava a quanto realizzava il padre!
Ma tornando alla famiglia Pola, anch'essa artefice e rovina del proprio palazzo, visse un secondo periodo di grande splendore sul finire del Settecento quando i francesi invasero i territori della Dominante. In quel periodo, a capo della casata c'era Paolo Pola, di soli 24 anni, schierato pienamente dalla parte dei francesi tanto da ospitare nel suo palazzo cittadino sia i vertici dell'esercito transalpino che lo stesso imperatore Napoleone in visita a Treviso.
Caduto l'impero francese, a Treviso arrivarono gli austriaci e con essi anche l'inizio della fase discendente della famiglia Pola.
Sperperato buona parte del patrimonio per sostenere una vita sfarzosa durante la dominazione francese, nel 1853 la famiglia istriana si estinse dopo aver venduto buona parte dei suoi possedimenti, compreso il palazzo di città.
Nel 1842 infatti il glorioso palazzo Pola, decorato con dipinti di Bernardino Bisson, venne venduto all'industriale della carta Tommaso Salsa che, al posto di riconoscerne il grande valore artistico, preferì abbatterlo per costruivi il freddo edificio che ora ospita la sede della Banca d'Italia.
Una curiosità, prima di citare anche in questo caso il cronachista trevigiano Francesco Scipione Fapanni: quella che noi oggi conosciamo come piazza Pola, fino a inizio Ottocento era conosciuta come piazza dei Cerchi, ossia una traslazione del cognome originario dei Pola, ossia Sergi.
Come per Palazzo Bressa, Fapanni non perdona ai trevigiani di aver permesso lo scempio di distruggere due opere di tale importanza e così scrive:
"Ha osservato l'ab. Giovanni Pulieri, favellando con Agostino mio padre, nel febbr. 1844, e con altri, che, quando fu levata la Fontana delle do Tette dal palazzo del Veneto Podestà, tutto Treviso gridò ai profani pel sacrilegio, e nella distruzione di quella memoria: ed ora che fu tutto atterrato il secondo magnifico edificio, dopo  quello del Bressa, nessun lamentò il monumento perduto".