giovedì 11 aprile 2019

LA RIVOLUZIONE GRAFICA AMERICANA TRA OTTO E NOVECENTO. PRESENZE NELLA COLLEZIONE DI NANDO SALCE

Si colloca tra la fine dell’Ottocento e primi anni del Novecento, come è noto, la nascita del moderno cartellonismo pubblicitario, periodo in cui gli artisti iniziano a dedicarsi a questa attività con maggiore consapevolezza – favoriti da nuove tecniche di stampa -, con invenzioni originali, realizzando manifesti che già all’epoca divennero ricercati oggetti da collezione.

E. Penfield, 
copertina Harper’s New Monthly Magazine, 1893
In questo contesto di fermento sperimentativo, è interessante ricostruire come ogni paese segua propri percorsi, pur convergendo nelle fonti ispirative, componendo un’ideale mappa artistica ben connotata a seconda che si parli di cartellonistica francese, anziché inglese o italiana o belga.
Così come per l’Italia si indica tradizionalmente nel manifesto Brevetto a incandescenza Auer (1895) di Giovanni Maria Mataloni il momento di svolta e di connessione con la migliore produzione internazionale, per gli Stati Uniti il salto di qualità avviene quando Edward Penfiel realizza il poster per il numero di aprile del 1893 di Harper’s New Monthly Magazine, di cui era direttore artistico. La semplicità compositiva abbinata a colori forti con stesura à plat appaiono come una novità per il gusto americano in voga: l’uomo con l’impermeabile verde che passeggia sotto la piogga leggendo Harper’s diverrà tra le icone estetiche di questo nuovo corso della pubblicità americana.
L’altro importante riferimento di questo movimento è William Bradley, il cui riconoscimento artistico travalicherà i confini nazionali e i suoi lavori arrivano a Parigi, venduti nei negozi specializzati per collezionisti.

Ma mentre nella capitale francese i protagonisti dei manifesti sono le ballerine di can-can, i bistrò, i locali alla moda come il Moulin Rouge o Les Folies Bergère - immortalati nei cartelli di Jules Cheret, di Henri de Toulouse-Lautrec o di Pierre Bonnard, tra gli altri - negli Stati Uniti questa rivoluzione del design pubblicitario (già conclusa entro il primo decennio del Novecento) vedrà l’industria editoriale quale principale committente: riviste come Scribner’s, Century, The Echo, The Chap-Book diverranno il trampolino di lancio per la “Golden Age of Illustration”, come qualche decennio più tardi la chiamerà un grande artista come Norman Rockwell. La stringente collaborazione tra editoria e artisti fu resa possibile dal fatto che erano propri gli editori i primi ammiratori dei protagonisti della scena inglese, francese o svizzera che in quegli anni producevano immagini di alto livello.
W. Bradley, 
The Chap-Book (Blue Lady), 1894

Attorno a Bradley e Penfield, i due leaders riconosciuti di questa rivoluzione grafica, si raggruppano molti nomi - la maggior parte impegnati sia come illustratori di libri o riviste che nella produzione di manifesti - i quali, in varia misura, produrranno materiali cult, basti pensare a The Blue Lady, The Twins o gli altri manifesti per The Chap-Book di Bradley, quelli per The Boston Sunday di Ethel Reed, e ancora quelli per The Harper’s Bazar di Louis Rhead o di Maxfield Parrish per The Scribenr’s. Immagini che propongono un florealismo raffinato, etereo, giocato per lo più sull’uso di pochi colori, cosa che oltre che aiutare ad abbattere i prezzi di produzione, consente una costruzione pulita, nitida e visivamente attraente.
La produzione, innovativa e originale, di questi artisti statunitensi deriva dagli esempi europei che all’epoca trovavano spazio di pubblicazione negli Stati Uniti, soprattutto nelle riviste illustrate. Si ravvisano echi precisi desunti dalle molteplici declinazioni dell’art nouveau e dalla grafica giapponese: Eugene Grasset, Henry de Toulouse-Lautrec, Alexandre Theofile Steinlen, ma anche il duo inglese The Beggarstaffs Brothers, le stralunate figure di Aubrey Beardsley, o gli intricati pattern floreali di William Morris sono i riferimenti più importanti.

W. Bradley, Victor Bycicles, 1892-93
Cosa riuscì ad intercettare Nando Salce di questi eccezionali materiali provenienti da oltreoceano?
In realtà non moltissimo, forse anche a causa della loro scarsa disponibilità sul mercato collezionistico.
Il pezzo più significativo è certamente il manifesto Victor Bycicles di William Bradley (1868-1962), azienda per cui il designer americano produsse varie pubblicità. Un pezzo, quello presente nella collezione Salce, che consente di raccontare due storie contemporaneamente: quella propriamente artistica, che illustra in maniera straordinaria le capacità grafiche di Bradley, e quella di una nascitura avventura imprenditoriale italiana, quella di Camillo Olivetti fondatore della celeberrima azienda.
Bradley realizzò per la Overman Wheel Company, azienda fondata nel 1882 a Chicopee Falls nel Massachusetts, vari manifesti dedicati alle biciclette modello Victor, divenute popolari per la loro leggerezza e maneggevolezza, ideali per le donne. Il manifesto presente in Salce è quello che circolava in Italia a partire dal 1894-1895, quando il giovane Camillo Olivetti, di ritorno da un soggiorno di studio negli Stati Uniti dove aveva avuto modo di stringere accordi aziendali, fonda un’impresa in società con i compagni di università Dino Gatta e Michele Ferrero, il cui scopo era la commercializzazione delle biciclette Victor, di nuovissima produzione (1892-93), e delle macchine da scrivere Williams (anche questi presenti in Salce). Tre fanciulle dai capelli rossi e con portamento principesco fluttuano a cavallo delle loro bici, e al loro passaggio si piegano lunghi e filiformi steli con pennacchio a ventaglio, il tutto contenuto entro una cornice floreale che trasforma il manifesto in una raffinata pagina illustrata.
Narcoti-cure, pagina pubblicitaria
W. Bradley, Narcoti-cure, 1895-96
L’altro pezzo firmato da Bradley e reperibile in Salce è una simpatica locandina che pubblicizza un miracoloso prodotto che doveva servire a disintossicarsi dalla nicotina: Narcoti-cure, stampato nel 1895-96 quando Bradley fondò la Wayside Press a Springfield, dove stampava la sua prestigiosa rivista Bradley: His Book.
Un armigero a cavallo con lancia in resta va a stanare il diavolo della nicotina che si annida tra le foglie del tabacco: una scenetta umoristica “griffata” e quindi ricercata. Quando essa appare nei giornali assieme all’annuncio in cui vengono illustrati i benefici di questo brevetto della Narcoti Chemical Company, la didascalia riporta il seguente avviso: “Send 4 cents for stamps to the Narcotic Chemical Co., Springfiel, Mass., for above Art Poster in 3 colors. Every collector waste one”. Quindi non solo una locandina destinata a pubblicizzare un prodotto, ma, come consapevolmente dichiarato, un poster artistico da accaparrarsi per solo quattro cents, occasione ghiotta per qualsiasi collezionista che per l’appunto non avrebbe sprecato l’opportunità!
E. Brown Bird,  
R. H. Russell's Publications,1895-97

Di notevole importanza è anche il manifesto firmato da Elisha Brown Bird (1867-1943), architetto laureato al Massachusetts Institute of Tecnology che scelse di intraprendere la professione dell’illustratore e disegnatore pubblicitario, realizzando vari manifesti per editori di Boston e di New York. Il manifesto della Salce, realizzato tra il 1895 e il 1897, fu anch’esso commissionato da un editore, il newyorchese R.H. Russell, per cui lavorò anche Edward Penfield. Un manifesto tutto giocato sui toni del rosso e del giallo, che mette in scena tre Pierrot danzanti intenti a leggere, tre macchie di colore con lo sfondo occupato da una realistica libreria stipata di volumi. I Pierrot furono il soggetto preferito di Elisha Brown Bird, basti confrontare i suoi lavori per The Red Letter, The Chap Book e Half After One.

E. Brown Bird,
 Half After One, 1897
Riferimenti diversi suggeriscono invece altri tre manifesti: due realizzati da Blanche Adele Ostertag e uno da Mary Louise Stowell, tutti caratterizzati da ricercato decorativismo e minuzia disegnativa.
La Ostertag, nata a St. Louis nel 1872 da padre tedesco e madre svizzera, si stabilì a Chicago dopo un lungo soggiorno in giro per l’Europa (a Parigi suoi lavori vennero esposti ai Salons du Champ-de-Mars). Il suo nome è legato a quello dell’architetto Franck Lloyd Wright, con il quale collaborò nel design di pannelli musivi per ricche dimore americane (Joseph e Helen Husser Residence, Chicago, 1900 ca.). Ma la fama le deriva soprattutto dal suo lavoro di illustratrice di libri per l’infanzia, in cui dimostra di aver assimilato la lezione del francese Louis-Maurice Boutet de Monvel, che negli Stati Uniti riscosse un notevole successo; uno stile che s’ispira ad uno scrupoloso descrittivismo ambientale che richiama la preziosità coloristica dei pre-raffaelliti inglesi e degli artisti giapponesi, vero punto di svolta per molti artisti negli ultimi decenni dell’Ottocento. Si ravvisano inoltre convergenze con lo stile tardo della pittrice Mary Cassatt, che fu un punto di riferimento per molte artiste statunitensi.
B. Ostertag,  
CarsonPirie Scott & Co, 1900 ca.
B. Ostertag,  
CarsonPirie Scott & Co, 1900 ca.
I due poster della Ostertag presenti in collezione Salce pubblicizzano i prodotti di Carson Pirie Scott & Company di Chicago, grandi magazzini costruiti tra il 1899 e il 1903-4 dall’architetto Louis Sullivan. In occasione della fiera del bianco,
la Ostertag propone un interno borghese con divano e tende a fiori, uccellino in gabbia e finestra sullo sfondo da cui occhieggia un cespuglio di rose; un ambiente senza ombre in cui una dama vestita in verde è intenta a ricamare la sua lunga tovaglia bianca. In pendant dimensionale l’altra scena che serviva a pubblicizzare la biancheria in mussola; qui la Ostertag ci fa entrare nella cameretta di una bimba dai capelli rossi. E mentre la madre, elegante nella sua vestaglia mattutina, le fa la treccia, l’osservatore, incrociando lo sguardo furtivo della bambina, ha il tempo di osservare il letto con il baldacchino a fiori, come il rivestimento della poltroncina a fianco, un cassettone con sopra lo specchio basculante rettangolare, tutto compreso entro la carta da parati a fasce verticali color pastello. Qui il mestiere di illustratrice della Ostertag viene impiegato a piene mani. I suoi sono interni luminosi e trasparenti, in cui il sottile segno di contorno di figure e oggetti, di perfezione calligrafica, servono per definire i particolari ma non impediscono di creare un mondo in cui persone e ambiente sono un tutt’uno.
M.L. Stowell, 
George Humphrey at the sign of the Old Man, 1896
Approccio analogo adopera Mary Louise Stowell (1850-1932) nel suo poster
per la libreria di George Humprey di Rochester, New York (George Humphrey at the sign of the Old Man, 1896), probabilmente l’unico lavoro pubblicitario realizzato da questa artista statunitense.
L’originalità del pezzo della Stowell risiede nel taglio narrativo e visivo prescelto: del biondo protagonista a mezzobusto seduto in primo piano, intento a leggere, non vediamo il volto, ma la mano su cui appoggia la testa. Anche in questo caso, come per la Ostertag, mentre lui è immerso nel suo mondo letterario, si ha il tempo lungo di divagare con lo sguardo nell’ambiente circostante: un locale seminterrato, vari libri accatastati su un tavolo azzurro in secondo piano, un’elegante grata sullo sfondo lascia intravvedere la luce della città, il mondo di fuori popolato dalle gambe delle persone che lì nei pressi passano, nel frattempo un cliente s’inoltra nel mondo interno scendendo i gradini di questa magica libreria, pronto anch’egli ad essere proiettato nell’atmosfera della libreria all’Insegna del Vecchio.





 Roberta Rizzato






Bibliografia e sitografia:

American Art Posters of the 1890s in The Metropolitan Museum of Art, including the Leonard A. Lauder Collection, catalogue by Kiehl, David W., with essays by Phillip Dennis Cate, Nancy Finlay, and David W. Kiehl, The Metropolitan Museum of Art, New York, 1987

Will H. Bradley, an american artist: selections from the Gordon A. Pfeiffer Collection

American Little Magazines of the Fin de Siecle: Art, Protest, and Cultural Transformation by Kirsten MacLeod, 2018

https://howlingpixel.com/i-en/Blanche_Ostertag