venerdì 27 maggio 2016

Delle acque di Treviso



Scrive il Fapanni nel 1892 a proposito dei ponti della città di Treviso:
“La città è posta in un terreno ricco di sorgenti d’acque pure, e intersecata da vari fiumicelli. La maggiore e più rapida di codeste acque è il fiume Sile, che bagna una piccola parte della città. Entra dal lato occidentale presso la chiesa di S. Martino, e costeggiando la riviera do S. Margherita e di S. Paolo, esce fuor della città al così detto Portello, ora Porta Garibaldi. Gli altri fiumi sono il Cagnan o Botteniga, la Storga, ch’entrano di sotto le mura di S. Tommaso e si dividono in varii rami che bagnano la città.
Laonde i ponti in città sono almeno diciotto, se non erro. A questi si aggiungano i ponti delle tre porte Altinia, S. Tommaso e Santi Quaranta. Un quarto ponte è quello costruito recentemente fuor delle mura alla Barriera della Stazione delle Strade ferrate. Finalmente si è costruito un quinto ponte ad uso della stessa Via ferrata verso Santo Ambrogio di Fiera.
Ecco i nomi dei ponti che posso qui ricordare, disposti progressivamente secondo la loro importanza, che mi è sembrato di dar loro. Se alcuno ne ho dimenticato, lo si aggiunga.
1.             Ponte a sette archi sul Cagnan o Botteniga
2.             Ponte S. Margherita sul Sile
3.             Si S. Martino sul Sile
4.             Detto dell’Impossibile, ora Dante, dove il Cagnan si unisce al Sile
5.             Di Sant’Agata
6.             Di S. Leonardo. Rinnovato nel 1855
7.             Di S. Francesco ai molini
8.             S. Parisio, Rinnovato 18..
9.             Di S. Ciliano o S. Maria Nova
10.         Sulla Roggia ai Filippini
11.         Alle Cappuccine, dell’Oliva
12.         Presso Santi Quaranta
13.         Dei Mussolini
14.         Degli Avogari
15.         Alla piazza dei Noli
16.         Presso le prigioni demolite di S. Vito
17.         Ponteselli, ai molini di S. Leonardo
18.         Nell’orto di S. Teonisto, ponte ad acquedotto?
19.         Ponte fuor di Porta Altinia
20.         Ponte fuor di Porta S. Tommaso. Rinnovato 18..
21.         Ponte fuor di Porta SS. Quaranta
22.         Ponte fuori della Barriera dinanzi la Stazione della Strada ferrata, moderno.”

Fapanni conta ben 22 ponti, alcuni ancor oggi ben presenti in città ma altri, oltre aver cambiato il nome, si sono perse anche tracce.
Treviso si sa, è una città strana dove i corsi d’acqua ora ci sono e un attimo dopo scompaiono sotto le case, come in un gioco di illusione.
Cinque cono i principali corsi d’acqua che l’attraversano da nord a sud. Artefice di tanta ricchezza è il fiume Botteniga che, entrando in città al ponte de Pria o de Piera, oltre a dividere il suo alveo in tre rami, cambia nome divenendo Roggia, Cagnan di Mezzo e Cagnan Grande. A sua volta la Roggia all’incrocio con il ponte dell’Oliva, nei pressi ove un tempo aveva sede il convento delle Cappuccine, cambia nuovamente nome in Siletto.
A tale patrimonio d’acque per molti secoli corrispose un’abbondanza di attività produttive, le quali sfruttando il moto rotatorio delle ruote dei molini che giravano lungo i canali che si dipanavano in città, ottenevano l’energia necessaria soprattutto per macinare grano, ma anche per lavorare le pelli, ove il toponimo scorzeria ancora persistente nei pressi del ponte Onigo, che ricorda appunto la presenza di concerie in quel luogo, per far funzionare i filatoi di seta, come quello posto sulla Roggia nei pressi del convento delle Cappuccine, o per pilare il riso, produrre carta o per follare la lana.
Una moltitudine di segni: fori utilizzati per l’innesto dei fusi che sostenevano la ruota, ora tracce prodotte dallo sfregamento di quest’ultime sui muri, fino alla conservazione di alcune ruote in corrispondenza dei maggiori complessi molitori. Tutto ciò che ancora oggi è visibile lungo i corsi dei canali a testimonianza di un fermento produttivo che si è mantenuto pressoché inalterato per molti secoli.
La maggior concentrazione di mulini si trovava lungo il Cagnan Grande, e non a caso è proprio lungo questo corso d’acqua che è ancora possibile vedere alcune ruote appartenenti a tre dei maggiori complessi molitori presenti in città. A ponte San Francesco, in un misto di magia e suggestione, girano ancora due ruote del mulino già appartenuto ai nobili veneziani Tron e poi ai conti Rinaldi, dove avveniva la pilatura del riso. Seguendo poi la corrente del Cagnan Grande, nei pressi dell’odierno ponte della Campana, si incontra la ruota in ferro del mulino appartenuto al monastero di San Parisio.
Del terzo nucleo oggi non rimane altro che una ruota, posta oltre la passerella della Pescheria, e alcune tracce sul muro di una casa nella calle denominata Ponticelli, che immette nella piazzetta di Ca’ Spineda. Nel 1666 gli edifici da molino ai ponticelli erano tre: uno a tre ruote di proprietà dei nobili Ravagnin, un altro a due ruote delle Madri di San Marco di Burano e l’ultimo a quattro ruote, e tutti macinavano grano. Nel 1685, però, troviamo che Gio. Batta Bertelli, conduttore di parte di uno dei tre mulini, presentò una supplica agli organi preposti della Repubblica veneziana affinché gli venisse concesso di usare la ruota del suo mulino sia per macinare grano che come pesta tabacco. Ulteriori notizie su questo nucleo molitorio è possibile trarle dai documenti dal fondo dei Provveditori sopra i Beni Inculti conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia (b. 723 – 29 maggio 1795), in cui si dice che Fiorin Rossi, canonico della cattedrale di Treviso, era proprietario di un mulino a due ruote “con casa e caniva di muro coperta a coppi sopra l’acqua della Bottiniga nella parrocchia di San Lunardo”, dato in affitto a Nicoletto Gusin. Fiorin Rossi inoltre notifica al Podestà di Treviso, Iseppo Diedo, che “quando lavora con una ruota, non può lavorare l’altra”, ma che con entrambe macina grano.
L’intero complesso ai Ponticelli venne successivamente venduto ai Dalla Rovere che, come si rileva dai disegni della Commissione d’ornato conservati presso l’archivio di Stato di Treviso (B. 18 n. 4589), nel 1863 risulta ricostruito e adibito a “opificio ad uso Cartiera”.



Bibliografia:
M. Pitteri, I mulini del Sile. Quinto, Santa Cristina al Tiveron e altri centri molitori attraverso la storia di un fiume, Quinto di Treviso 1988;
C. Pavan, Alla scoperta del fiume. Immagini, storia, itinerari, Treviso 1989
R. Vergani, Gli opifici sull’acqua: i mulini, in La Civiltà delle acque, Cinisello Balsamo (MI) 1993, pp. 53-72
D. Gasparini, M. Merello, M. Potocnik, Ruote e canali nel trevigiano dal medioevo all’età moderna, in Euromills. The Exhibition,Roma 2002, pp. 26-32

giovedì 19 maggio 2016

Asolo, città dai mille orizzonti. Una vista dall'alto

Asolo divenne una città murata unendo con una cerchia di mura i due castelli: la rocca che si trova sul cocuzzolo della collina e il castello pretorio, divenuto successivamente famoso per essere stato la residenza di Caterina Cornaro, regina di Cipro (1454-1510).
Asolo fu un fiorente municipio romano ma a seguito delle invasioni barbariche venne distrutta. Ma come molte altre località trevigiane che condivisero con Asolo il medesimo destino, riuscì a risorgere tanto da divenire sede vescovile, gloria e onore che durò fino al 969 quando Ottone I decretò che la cittadina collinare passasse sotto la giurisdizione ecclesiastica e civile di Treviso.
Asolo venne contesa da più casate fino al 1337, quando preferì scegliere spontaneamente la protezione veneziana. Questa però fu una breve tregua perchè già dieci anni dopo fu il patriarca di Aquileia ad insidiarla e nel 1373 passò sotto il controllo dei Da Carrara. Questi ultimi lasciarono un segno positivo ad Asolo visto che provvidero a fortificarla e ad abbellirla.
Il passaggio definitivo sotto il controllo della Repubblica veneziana avvenne nel 1393 e durò fino alla caduta della Serenissima.
La rocca di Asolo rappresenta il punto più alto del sistema fortificatorio. Essa ha una forma poligonale irregolare, costituita da nove lati di varia dimensione con spessore che alla base è di circa 3,5 metri.
Vi si accede attraverso un portale centinato sul cui intradosso è dipinto lo stemma dei Carraresi.
All'interno sono ancora visibili resti di un'antica torre, della cisterna, di un mosaico e del sistema di camminamento.

















 L'impianto urbanistico di Asolo è sostanzialmente medievale.
Dalla rocca si individuano i principali capisaldi della cittadina: il castello pretorio, la chiesa prepositurale, l'ex convento dei frati minori francescani di San Gottardo o di Sant'Angelo, porta Santa Caterina ecc.

Nel 1489 il castello pretorio, l'antico castrum, divenne dimora della regina di Cipro, Caterina Cornaro, la quale fece costruire un'ala tutta nuova per migliorare la sua residenza. Il castello aveva già subito nei secoli delle trasformazioni, vuoi per adattarlo a nuove esigenze abitative o vuoi per ripararlo dai danni della furia distruttiva degli uomini.
Dall'alto della rocca si riesce anche a individuare la piazza, uno dei pochi "spazi vuoti" del tessuto urbano, con la sua caratteristica fontana a più ugelli simile a quelle che si possono incontrare nei centri montani.