giovedì 17 gennaio 2019

Il potere della pubblicità: la storia di Birò e Bich

1960 Raymond Savignac


Molte sono le informazioni che si possono trarre dall’osservazione di un manifesto pubblicitario, da quelle sociologiche a quelle storiche o artistiche, financo a quelle materiali sulle tecniche con cui sono stati realizzati i manifesti stessi.
Ci sono poi manifesti che possono raccontare delle vere e proprie storie, come il caso della penna a sfera commercializzata dal marchio Bic.
La penna a sfera nasce da un’idea scaturita nella mente dell’ungherese Laszlo Birò, personaggio poliedrico con il pallino delle invenzioni (*) e giornalista di professione, che riuscì a mettere assieme un’esigenza pratica - non sporcarsi le mani ogni qual volta doveva scrivere, ossia sempre – con l’osservazione del gioco di alcuni bambini.
Con un po’ di fantasia è possibile immaginare Birò che, attratto dal vociare di alcuni bambini che giocano in cortile, inizia ad osservare il loro gioco, le biglie. Ed è proprio quel semplice e antico gioco a dargli la prima illuminazione: con abili e veloci movimenti i bambini facevano roteare le piccole sfere e queste, dopo aver attraversato pozzanghere fangose, lasciavano dietro di loro una scia colorata, proprio come quando si fa scorrere la penna intinta di inchiostro su un foglio.
Birò però intuì fin da subito che l’inchiostro che comunemente usava per scrivere con la penna stilografica non poteva andar bene per una penna a sfera perché era troppo liquido e mai avrebbe intinto la sfera in modo tale da lasciare un segno forte e deciso sulla carta. Così chiese aiuto al fratello Gyorgy che con la chimica ci sapeva fare. Gyorgy iniziò quindi a studiare un particolare inchiostro che fosse vischioso al punto giusto in modo che, caricato in quella speciale cartuccia inventata dal fratello, potesse rimanere attaccato alla sfera nel suo roteare. Fu così che venne inventata la prima penna a sfera.
1952 Raymond Savignac
Laszlo intuì fin da subito che quell’idea non solo avrebbe modificato il modo di scrivere, senza più intingere il pennino nel calamaio, ma avrebbe potuto fargli guadagnare un bel po’ di soldi. Un’idea tanto rivoluzionaria che doveva, senza indugi, proteggere nell’unico modo che la legge gli consentiva: depositando il brevetto. Come si può ricavare dai documenti ufficiali, il 15 giugno 1938 la penna Biro venne registrata all’ufficio brevetti sia dell’Ungheria che della Gran Bretagna.
1938, un anno funesto per quanti come i fratelli Birò avevano origini ebree. La promulgazione della leggi razziali da parte del Terzo Reich portò molti ebrei, con discrete disponibilità economiche, a fuggire in luoghi dove le loro origini non potessero essere motivo di persecuzione. Fu così che i due fratelli decisero di sbarcare in Argentina con le loro valige piene dell’occorrente per fabbricare penne a sfera.
Ma le cose non andarono come aveva previsto Laszlo. La produzione di quell’oggetto tanto semplice richiedeva un apprezzabile impegno economico e quindi la penna a sfera non poteva essere venduta a prezzi popolari. Il prezzo unitario di quell’utile oggetto però non preoccupò minimamente il governo britannico che invece riuscì a cogliere invece l’aspetto pratico di tenere una penna sfera nel taschino delle giacche piuttosto che una penna stilografica. Fu così che nel 1943 commissionò a Birò la fornitura di ben 30.000 pezzi che avrebbe distribuito ai suoi militari.
Birò, mente creativa e perfezionista, non si fermò però al prototipo venduto agli inglesi e continuò a sperimentare nuove soluzioni, tanto che a fine guerra riuscì a dare avvio alla nuova produzione di penne a sfera con il marchio di Birome.
Nonostante l’impegno e il continuo studio per migliorare quella penna tanto innovativa, Laszlo Birò però non riuscì mai a far decollare la sua produzione, vuoi per un cattiva campagna pubblicitaria per farla conoscere, vuoi per i costi di produzione ancora troppo elevati per rendere quell’idea veramente popolare.
Arriviamo così all’inizio del 1950 quando Birò ricevette la telefonata del marchese Marcel Bich che gli offriva una discreta somma di denaro per la cessione del brevetto di quella penna tanto innovativa. Inizialmente Birò tergiversò, ma poi cedette.
Già nel dicembre dello stesso anno la nuova penna Bic iniziò ad essere venduta nei negozi francesi e l’anno successivo conquistò anche il mercato belga.
La strada del successo della penna Bic da questo punto in poi fu tutta in salita: nel 1952 divenne penna ufficiale della principale kermesse sportiva della Francia, il Tour de France, e negli anni successivi divenne oggetto di largo consumo in molti altri paesi europei.
Arriviamo poi al 1960, anno in cui venne realizzato il cartellone che ha ispirato questo racconto. La penna a sfera Bic – che molti chiamavano ancora semplicemente penna biro – fu protagonista di un cartellone disegnato dal bravissimo Raymond Savignac: uno scolaro con tanto di pantaloni al ginocchio e un’enorme testa a forma di sfera. Una pubblicità che divenne celeberrima, che colorò per molti anni i muri di tantissime città e che, proprio per la sua capacità di attrarre l’attenzione, divenne anche il marchio che ancora oggi caratterizza il marchio Bic.

(*) sua l’invenzione del cambio automatico delle automobili che nel 1932 vendette alla General Motors.

Silvia Rizzato