giovedì 24 marzo 2016

Stratigrafia della costruzione. Quando le pietre parlano



Passeggiando per Valvasone

La visita al piccolo borgo di Valvasone in Friuli, è stata fonte di ispirazione per fare alcune considerazioni circa le tracce lasciate sugli edifici dalle modifiche che si sono susseguite nel tempo.
A volte si tratta di segni quasi impercettibili, piccole giunture di muratura o riprese di intonachi, ma in diversi casi è invece possibile riconoscere interventi di trasformazione, che non hanno interessato solo le facciate ma hanno profondamente modificato anche l’assetto degli edifici.
Vi proponiamo alcune immagini.

Questa è la facciata laterale del castello di Valvasone. Si notano tessiture muraria e tipologia di aperture diverse. E anche il colore della muratura cambia: osservando l’area affianco al pluviale si nota la mancanza di ammorsamento della muratura tra la parte con la bifora trilobata e l’avancorpo con terrazzino e apertura ad arco a tutto sesto. Quest’ultima è un’evidente aggiunta posteriore.









Qui sotto vediamo la facciata principale del castello, dove sulla destra si vede anche un pezzo del muro in acciottolato che porta all’ingresso del maniero. Si possono notare la varietà di aperture. Sulla sinistra fornici disposti in modo regolare su tre file sovrapposte con incorniciatura in pietra modanata e trabeazione leggermente aggettante, tutte chiuse da balconi: è evidente come tali finestre furono aperte o modificate in periodo più tardo rispetto alle altre presenti sulla facciata.
Sulla destra le aperture sono disposte in modo disordinato e con forme che variano ad ogni piano: a piano terra una singola finestra con cornice a imitazione di quelle di sinistra; al piano superiore due finestre rustiche protette da un'unica lunga cornice aggettante che un tempo costituiva il piano d’imposta delle colonne di una loggia; il terzo ordine di finestre è invece costituito da due piccole aperture quadrate, aperte dopo che la loggia ad archi a tutto sesto venne tamponata. L’ultimo piano infine è illuminato da altre due finestre di forma quadrata poste quasi nella linea di sottogronda della facciata.
Ora proviamo a immaginare come doveva essere questo prospetto. Probabilmente le finestre avevano dimensioni simili a quelle del secondo ordine poste sulla destra, oppure anche minori;  val la pena sottolineare che, come riportano alcuni dati notarili dell’inizio del XVI secolo, la presenza di vetri a chiusura delle finestre fossero una presenza inusuale e che il riparo dalle intemperie era assicurato dalle “impannate”.
Ma torniamo alla nostra facciata. L’elemento che modificava radicalmente, rispetto ad oggi,  la percezione dell’insieme  era la loggia del terzo piano: quattro arcate aperte sulla piazza da dove i castellani potevano affacciarsi. Una loggia che dava profondità al prospetto e che lasciava solo intuire cosa si aprisse oltre, quasi sicuramente un salone.

Ci spostiamo in zona Duomo, ad osservare la facciata di un’altra casa. A prima vista potrebbe sembrare una casa anonima, come tante presenti nelle nostre città. Sicuramente questo edificio subì delle modifiche nel corso dell’Ottocento che causò un riassetto sia della struttura che del prospetto. Un dettaglio attira ancora l’attenzione del visitatore: accanto a una finestra rettangolare con cornice in pietra e piattabanda in mattoni, è affiancato il profilo di un’antica apertura ad arco lobato inflesso, decorata con una finta incorniciatura profilata in rosso che prosegue fin sulla fascia marcapiano, a nastro interrotto,  con un semplice pilastrino a capitello dentellato. Da notare la fascia decorativa laterale, di gusto ancora medievale con motivi a tralci vegetali entro listelli rossi.
La provvida caduta dell’intonaco della facciata ci ha permesso di svelare l’antico una piccola porzione dell’antica facciata.

E qui invece abbiamo un piccolo capolavoro di stratigrafia: volendo ci si potrebbe passare un’intera giornata a identificare tutte le tamponature e le nuove aperture!
Interessante notare la varietà di materiali usati: dalle pietre ai ciottoli finanche i mattoni. Ricordiamo che Valvasone si trova vicinissimo al fiume Tagliamento dove l’approvvigionamento di ciottoli e pietre era assicurato. Il mattone invece è materiale meno consueto, vista la lontananza di cave d’argilla dove trarre la materia prima per formare i mattoni.
In questa parete si può trovare di tutto: dall’edificio costruito in appoggio, vedi la linea affianco al terrazzino, a una finestra ad arco inflesso tamponata, una finestra rettangolare con piattabanda e contorni in mattoni, un accesso ad arco ribassato tamponato e un altro ingresso ricavato nella muratura in pietra. Insomma, un vero manuale di trasformazioni che potrebbe diventare anche un gioco nel ritrovare l’intruso o per ricostruire il prospetto originale (sempre che antiche aperture non siano andate distrutte nel costruire finestre di dimensioni maggiori).

Di Valvasone avremo potuto raccontarvi la sua storia, con date ed eventi. Invece abbiamo preferito darvi nuovi spunti di osservazione e perché no, anche di gioco, perché tutti i luoghi con una storia portano i segni dei cambiamenti, degli adeguamenti ai nuovi tempi.
Per avere maggiori informazioni storiche, vi invitiamo a visitare il sito: http://borgoanticodivalvasone.it/

sabato 19 marzo 2016

"Aldo Manuzio il rinascimento di Venezia". Alcuni appunti di una inaugurazione

Ieri inaugurazione della mostra "Aldo Manuzio il rinascimento di Venezia". Solitamente non frequento le inaugurazioni: troppa gente, possibilità ridotta di vedere le opere, ecc. Ma Manuzio alle Gallerie dell'Accademia e, confesso, anche il dipinto meraviglioso scelto come manifesto della mostra, il "Ritratto di donna in veste di Flora" di Bartolomeo veneto, hanno indotto a fare uno strappo alla regola. Una mostra che in parte però ha deluso: opere interessanti in esposizione, alcune strepitose quali il "Ritratto di Luca Pacioli e di Guidobaldo da Montefeltro" attribuito a Jacometto Veneziano (Museo di Capodimonte) altre che non aggiungono nulla al fillo narravito - quali i quattro ritratti finali. Le edizioni aldine, molte miniate, sono naturalmente materiali di altissima qualità. Ma... mi è risultata una mostra troppo all'insegna della mera giustapposizione di opere, con un percorso espositivo criptico, estetizzante, avulso da un filo storico più comprensibile al pubblico; aggiungerei che si è voluto esporre troppo, a tutti i costi. Irritanti i pannelli esplicativi: veder scritto che il delfino, il marchio studiato e scelto da Manuzio per le sue edizioni, è un "brand" ha fatto venire mezza orticaria, che Venezia fosse la Silicon Valley del Quattrocento è parso insulso e superfluo, come se il pubblico avesse necessità di confronti di questa levatura per immergersi nel contesto storico proposto. Il catalogo promette meglio, a fronte della presenza di numerosi e autorevoli saggi.