Si
colloca tra la fine dell’Ottocento e primi anni del Novecento, come
è noto, la nascita del moderno cartellonismo pubblicitario, periodo
in cui gli artisti iniziano a dedicarsi a questa attività con
maggiore consapevolezza – favoriti da nuove tecniche di stampa -,
con invenzioni originali, realizzando manifesti che già all’epoca
divennero ricercati oggetti da collezione.
E. Penfield,
copertina Harper’s
New Monthly Magazine,
1893
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In
questo contesto di fermento sperimentativo, è interessante
ricostruire come ogni paese segua propri percorsi, pur convergendo
nelle fonti ispirative, componendo un’ideale mappa artistica ben
connotata a seconda che si parli di cartellonistica francese, anziché
inglese o italiana o belga.
Così
come per l’Italia si indica tradizionalmente nel manifesto Brevetto
a incandescenza Auer
(1895) di Giovanni Maria Mataloni il momento di svolta e di
connessione con la migliore produzione internazionale, per gli Stati
Uniti il salto di qualità avviene quando Edward Penfiel realizza il
poster per il numero di aprile del 1893 di Harper’s
New Monthly Magazine,
di cui era direttore artistico.
La semplicità compositiva abbinata a colori forti con stesura à
plat appaiono come una novità per il gusto americano in voga: l’uomo
con l’impermeabile verde che passeggia sotto la piogga leggendo
Harper’s diverrà tra le icone estetiche di questo nuovo corso
della pubblicità americana.
L’altro
importante riferimento di questo movimento è William Bradley, il cui
riconoscimento artistico travalicherà i confini nazionali e i suoi
lavori arrivano a Parigi, venduti nei negozi specializzati per
collezionisti.
Ma
mentre nella capitale francese i protagonisti dei manifesti sono le
ballerine di can-can, i bistrò, i locali alla moda come il Moulin
Rouge o Les Folies Bergère - immortalati nei cartelli di Jules
Cheret, di Henri de Toulouse-Lautrec o di Pierre Bonnard, tra gli
altri - negli Stati Uniti questa rivoluzione del design pubblicitario
(già conclusa entro il primo decennio del Novecento) vedrà
l’industria editoriale quale principale committente: riviste come
Scribner’s,
Century,
The Echo,
The Chap-Book
diverranno il trampolino di lancio per la “Golden Age of
Illustration”, come qualche decennio più tardi la chiamerà un
grande artista come Norman Rockwell. La stringente collaborazione tra
editoria e artisti fu resa possibile dal fatto che erano propri gli
editori i primi ammiratori dei protagonisti della scena inglese,
francese o svizzera che in quegli anni producevano immagini di alto
livello.
W. Bradley,
The Chap-Book (Blue
Lady), 1894
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Attorno
a Bradley e Penfield, i due leaders riconosciuti di questa
rivoluzione grafica, si raggruppano molti nomi - la maggior parte
impegnati sia come illustratori di libri o riviste che nella
produzione di manifesti - i quali, in varia misura, produrranno
materiali cult, basti pensare a The
Blue Lady,
The Twins
o gli altri manifesti per The
Chap-Book
di Bradley, quelli per The
Boston Sunday
di Ethel Reed, e ancora quelli per The
Harper’s Bazar
di Louis Rhead o di Maxfield Parrish per The
Scribenr’s.
Immagini che propongono un florealismo raffinato, etereo, giocato per
lo più sull’uso di pochi colori, cosa che oltre che aiutare ad
abbattere i prezzi di produzione, consente una costruzione pulita,
nitida e visivamente attraente.
La
produzione, innovativa e originale, di questi artisti statunitensi
deriva dagli esempi europei che all’epoca trovavano spazio di
pubblicazione negli Stati Uniti, soprattutto nelle riviste
illustrate. Si ravvisano echi precisi desunti dalle molteplici
declinazioni dell’art nouveau e dalla grafica giapponese: Eugene
Grasset, Henry de Toulouse-Lautrec, Alexandre Theofile Steinlen, ma
anche il duo inglese The Beggarstaffs Brothers, le stralunate figure
di Aubrey Beardsley,
o gli intricati pattern floreali di William Morris sono i riferimenti
più importanti.
W. Bradley, Victor Bycicles,
1892-93
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Cosa
riuscì ad intercettare Nando Salce di questi eccezionali materiali
provenienti da oltreoceano?
In
realtà non moltissimo, forse anche a causa della loro scarsa
disponibilità sul mercato collezionistico.
Il
pezzo più significativo è certamente il manifesto
Victor Bycicles di William Bradley (1868-1962),
azienda per cui il designer americano produsse varie pubblicità. Un
pezzo, quello presente nella collezione Salce, che consente di
raccontare due storie contemporaneamente: quella propriamente
artistica, che illustra in maniera straordinaria le capacità
grafiche di Bradley, e quella di una nascitura avventura
imprenditoriale italiana, quella di Camillo Olivetti fondatore della
celeberrima azienda.
Bradley
realizzò per la Overman Wheel Company, azienda fondata nel 1882
a Chicopee Falls nel Massachusetts, vari manifesti dedicati alle
biciclette modello Victor, divenute popolari per la loro leggerezza e
maneggevolezza, ideali per le donne. Il manifesto presente in Salce è
quello che circolava in Italia a partire dal 1894-1895, quando il
giovane Camillo Olivetti, di ritorno da un soggiorno di studio negli
Stati Uniti dove aveva avuto modo di stringere accordi aziendali,
fonda un’impresa in società con i compagni di università Dino
Gatta e Michele Ferrero, il cui scopo era la commercializzazione
delle biciclette Victor, di nuovissima produzione (1892-93), e delle
macchine da scrivere Williams (anche questi presenti in Salce). Tre
fanciulle dai capelli rossi e con portamento principesco fluttuano a
cavallo delle loro bici, e al loro passaggio si piegano lunghi e
filiformi steli con pennacchio a ventaglio, il tutto contenuto entro
una cornice floreale che trasforma il manifesto in una raffinata
pagina illustrata.
Narcoti-cure, pagina
pubblicitaria
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W. Bradley, Narcoti-cure,
1895-96
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L’altro
pezzo firmato da Bradley e reperibile in Salce è una simpatica
locandina che pubblicizza un miracoloso prodotto che doveva servire a
disintossicarsi dalla nicotina: Narcoti-cure, stampato
nel 1895-96 quando Bradley fondò la Wayside Press a Springfield,
dove stampava la sua prestigiosa rivista Bradley:
His Book.
Un
armigero a cavallo con lancia in resta va a stanare il diavolo della
nicotina che si annida tra le foglie del tabacco: una scenetta
umoristica “griffata” e quindi ricercata. Quando essa appare nei
giornali assieme all’annuncio in cui vengono illustrati i benefici
di questo brevetto della Narcoti Chemical Company, la didascalia
riporta il seguente avviso: “Send 4 cents for stamps to the
Narcotic Chemical Co., Springfiel, Mass., for above Art Poster in 3
colors. Every collector waste one”.
Quindi non solo una locandina destinata a pubblicizzare un prodotto,
ma, come consapevolmente dichiarato, un poster artistico da
accaparrarsi per solo quattro cents, occasione ghiotta per qualsiasi
collezionista che per l’appunto non avrebbe sprecato l’opportunità!
E. Brown Bird,
R. H. Russell's
Publications,1895-97
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Di
notevole importanza è anche il manifesto firmato da Elisha
Brown Bird (1867-1943),
architetto laureato al Massachusetts Institute of Tecnology che
scelse di intraprendere la professione dell’illustratore e
disegnatore pubblicitario, realizzando vari manifesti per editori di
Boston e di New York. Il manifesto della Salce, realizzato tra il 1895 e il 1897, fu anch’esso
commissionato da un editore, il newyorchese R.H. Russell, per cui
lavorò anche Edward Penfield. Un manifesto tutto giocato sui toni
del rosso e del giallo, che mette in scena tre Pierrot danzanti
intenti a leggere, tre macchie di colore con lo sfondo occupato da
una realistica libreria stipata di volumi. I Pierrot furono il
soggetto preferito di Elisha Brown Bird, basti confrontare i suoi
lavori per The Red Letter, The Chap Book e Half
After One.
E. Brown Bird,
Half
After One,
1897
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Riferimenti
diversi suggeriscono invece altri tre manifesti: due realizzati da
Blanche Adele Ostertag e uno da Mary
Louise Stowell,
tutti caratterizzati da ricercato decorativismo e minuzia
disegnativa.
La
Ostertag, nata a St. Louis nel 1872 da padre tedesco e madre
svizzera, si stabilì a Chicago dopo un lungo soggiorno in giro per
l’Europa (a Parigi suoi lavori vennero esposti ai Salons
du Champ-de-Mars).
Il
suo nome è legato a quello dell’architetto Franck Lloyd Wright,
con il quale collaborò nel design di pannelli musivi per ricche
dimore americane (Joseph e Helen Husser Residence, Chicago, 1900
ca.). Ma la fama le deriva soprattutto dal suo lavoro di
illustratrice di libri per l’infanzia, in cui dimostra di aver
assimilato la lezione del francese Louis-Maurice Boutet de Monvel,
che negli Stati Uniti riscosse un notevole successo; uno stile che
s’ispira ad uno scrupoloso descrittivismo ambientale che richiama
la preziosità coloristica dei pre-raffaelliti inglesi e degli
artisti giapponesi, vero punto di svolta per molti artisti negli
ultimi decenni dell’Ottocento. Si ravvisano inoltre convergenze con
lo stile tardo della pittrice Mary Cassatt, che fu un punto di
riferimento per molte artiste statunitensi.
B. Ostertag,
CarsonPirie Scott &
Co, 1900 ca.
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B. Ostertag,
CarsonPirie Scott &
Co, 1900 ca.
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I
due poster della Ostertag presenti in collezione Salce pubblicizzano
i prodotti di Carson
Pirie Scott & Company
di
Chicago,
grandi magazzini costruiti tra il 1899 e il 1903-4 dall’architetto
Louis Sullivan. In occasione della fiera del bianco,
la Ostertag propone un interno borghese con divano e tende a fiori,
uccellino in gabbia e finestra sullo sfondo da cui occhieggia un
cespuglio di rose; un ambiente senza ombre in cui una dama vestita in
verde è intenta a ricamare la sua lunga tovaglia bianca. In pendant dimensionale l’altra scena che serviva a pubblicizzare la
biancheria in mussola; qui la Ostertag ci fa entrare nella cameretta
di una bimba dai capelli rossi. E mentre la madre, elegante nella sua
vestaglia mattutina, le fa la treccia, l’osservatore, incrociando
lo sguardo furtivo della bambina, ha il tempo di osservare il letto
con il baldacchino a fiori, come il rivestimento della poltroncina a
fianco, un cassettone con sopra lo specchio basculante rettangolare,
tutto compreso entro la carta da parati a fasce verticali color
pastello. Qui il mestiere di illustratrice della Ostertag viene
impiegato a piene mani. I suoi sono interni luminosi e trasparenti,
in cui il sottile segno di contorno di figure e oggetti, di
perfezione calligrafica, servono per definire i particolari ma non
impediscono di creare un mondo in cui persone e ambiente sono un
tutt’uno.
M.L. Stowell,
George
Humphrey at the sign of the Old Man,
1896
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Approccio
analogo adopera Mary
Louise Stowell (1850-1932) nel suo poster
per la libreria di George Humprey di Rochester, New York (George
Humphrey at the sign of the Old Man,
1896), probabilmente l’unico lavoro pubblicitario realizzato da
questa artista statunitense.
L’originalità
del pezzo della Stowell risiede nel taglio narrativo e visivo
prescelto: del biondo protagonista a mezzobusto seduto in primo
piano, intento a leggere, non vediamo il volto, ma la mano su cui
appoggia la testa. Anche in questo caso, come per la Ostertag, mentre
lui è immerso nel suo mondo letterario, si ha il tempo lungo di
divagare con lo sguardo nell’ambiente circostante: un locale
seminterrato, vari libri accatastati su un tavolo azzurro in secondo
piano, un’elegante grata sullo sfondo lascia intravvedere la luce
della città, il mondo di fuori popolato dalle gambe delle persone
che lì nei pressi passano, nel frattempo un cliente s’inoltra nel
mondo interno scendendo i gradini di questa magica libreria, pronto
anch’egli ad essere proiettato nell’atmosfera della libreria
all’Insegna del Vecchio.
Roberta
Rizzato
Bibliografia
e sitografia:
American
Art Posters of the 1890s in The Metropolitan Museum of Art, including
the Leonard A. Lauder Collection, catalogue
by Kiehl, David W.,
with essays by Phillip Dennis Cate, Nancy Finlay, and David W. Kiehl,
The Metropolitan Museum of Art, New York, 1987
Will
H. Bradley, an american artist: selections from the Gordon A.
Pfeiffer Collection
American Little Magazines of the Fin de Siecle: Art, Protest, and Cultural Transformation by Kirsten MacLeod, 2018
https://howlingpixel.com/i-en/Blanche_Ostertag