La predilezione di
Adolf Hohenstein per i lampi di rosso che sembrano "avvampare"
molte delle sue realizzazioni grafiche, si trasformano, in uno dei
suoi manifesti più conosciuti, in afflato drammatico e simbolico. Si
tratta del manifesto che l'artista realizzò per il debutto
dell'opera lirica - musicata da Pietro Mascagni su libretto di Luigi
Illica – Iris. L'opera
debuttò il 22 novembre 1898 al Teatro Costanzi di Roma, con
protagonista una della cantanti più famose dell'epoca, la soprano di
origine rumene Hariclea Darclée, conosciuta per essere stata la
prima interprete di Tosca di
Giacomo Puccini.
Il manifesto
raffigura una fanciulla seminuda che, fluttando nell'aria, si staglia
su di uno sfondo dorato, affiancata da una spira di fumo dentro cui
si disperdono tre teste maschili, evidentemente giapponesi; ai suoi
piedi è tutto un fiorire di magnifici iris viola. L'efficacia, oltre
che l'eleganza, di questo manifesto non potrebbe essere maggiore:
pochi elementi che racchiudono l'essenza stessa dell'opera, la prima
in Italia, poi seguita dalla più famosa Madama Butterfly di
Puccini, che si richiama apertamente a quella moda nipponica che già
da qualche anno aveva investito le arti figurative e la letteratura.
La trama dell'opera, da molti giudicata farraginosa e in certi tratti
intelleggibile – motivo forse della sua scarsa fortuna nella
seconda metà del Novecento, diversamente dalla osannata Madama
Butterfly -, narra la classica vicenda della bella e ingenua
ragazza circuita e poi rapita dai "vecchioni" e che, al
rifiuto di concedersi, viene prima rinchiusa in una casa di malaffare
e poi indotta al suicidio. E qui il melodramma raggiunge i suoi
vertici poetici, sottolineati musicalmente dall'Inno del Sole
che è sia ouverture dell'opera che catartica chiusura, laddove la
ragazza si getta in un dirupo e il sole splendente in cielo la
trasmuta in uno dei fiori emblema stesso dell'Art Nouveau,
l'iris, simbolo di vittoria per i popoli orientali. Una sorta di
assunzione in cielo in chiave liberty e simbolista.
La produzione di
quest'opera lirica nasce da una precisa volontà del vulcanico
editore milanese Giulio Ricordi, nell'intento di far giungere anche
in Italia la moda per l'esotismo orientale, già ampiamente percorso
da vari musicisti europei. L'operazione venne concepita, come si suol
dire, "alla grande", creando tutti i presupposti affinchè
il debutto venisse percepito come un grande e coinvolgente momento
culturale, carico di aspettative. Egli mise in moto, a tal fine,
tutta la sua "scuderia" grafica, a cominciare proprio dal
direttore artistico, Adolf Hohenstein, che fu anche importante
scenografo e costumista, e non soltanto per quest'opera di Mascagni.
Hohenstein ideò sia il manifesto per il debutto romano, ma anche,
assieme a Giovanni Mataloni, una serie di cartoline-ricordo che raffiguravano varie scene dell'opera; furono, inoltre, ideati e stampati calendarietti, locandine, chiudi lettera, copertine di spartiti musicali, tabelle in latta, il libretto-programma di sala e anche un libretto da vendere in edicola nei giorni precedenti il debutto. Si potrebbe ben affermare che per questa importante
occasione musicale, si sia applicato il concetto propriamente
liberty, dell' oevre
globale:
ogni elemento correlato all'evento venne scrupolosamente studiato e
proposto al pubblico – prassi questa già consolidata, ad esempio
con il sodalizio tra la divina Sarah Bernhardt e Alfons Mucha, che ad
iniziare dal 1894 era divenuto l'incontrastato ideatore di manifesti,
scenografie e costumi per ogni spettacolo della grande attrice.
Una perfetta
operazione di marketing ante-litteram, quella per il debutto di Iris,
che aveva lo scopo di garantire successo e positivi riscontri. L'anno
successivo Iris raggiunse il tempio della lirica: il Teatro La
Scala di Milano dove, sotto la direzione del maestro Arturo
Toscanini, Mascagni bissò il successo romano. In quell'occasione la
realizzazione del nuovo manifesto fu affidata a Leopoldo Metlicovitz,
che si assestò in una
proposta artistica molto più convenzionale
senza raggiungere l'efficacia sentimentale e di armonia degli
elementi rappresentati da Hohenstein, al quale certamente il pieno
coinvolgimento nell'operazione fornì e stimolò chiavi
rappresentative di maggiore levatura artistica.
Roberta Rizzato
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