Scrive il Fapanni nel 1892 a proposito dei ponti
della città di Treviso:
“La città è posta in un terreno ricco di sorgenti
d’acque pure, e intersecata da vari fiumicelli. La maggiore e più rapida di
codeste acque è il fiume Sile, che bagna una piccola parte della città. Entra
dal lato occidentale presso la chiesa di S. Martino, e costeggiando la riviera
do S. Margherita e di S. Paolo, esce fuor della città al così detto Portello,
ora Porta Garibaldi. Gli altri fiumi sono il Cagnan o Botteniga, la Storga, ch’entrano di sotto
le mura di S. Tommaso e si dividono in varii rami che bagnano la città.
Laonde i ponti in città sono almeno diciotto, se
non erro. A questi si aggiungano i ponti delle tre porte Altinia, S. Tommaso e
Santi Quaranta. Un quarto ponte è quello costruito recentemente fuor delle mura
alla Barriera della Stazione delle Strade ferrate. Finalmente si è costruito un
quinto ponte ad uso della stessa Via ferrata verso Santo Ambrogio di Fiera.
Ecco i nomi dei ponti che posso qui ricordare,
disposti progressivamente secondo la loro importanza, che mi è sembrato di dar
loro. Se alcuno ne ho dimenticato, lo si aggiunga.
1.
Ponte a sette
archi sul Cagnan o Botteniga
2.
Ponte S.
Margherita sul Sile
3.
Si S. Martino
sul Sile
4.
Detto
dell’Impossibile, ora Dante, dove il Cagnan si unisce al Sile
5.
Di Sant’Agata
6.
Di S.
Leonardo. Rinnovato nel 1855
7.
Di S.
Francesco ai molini
8.
S. Parisio,
Rinnovato 18..
9.
Di S. Ciliano
o S. Maria Nova
10.
Sulla Roggia
ai Filippini
11.
Alle
Cappuccine, dell’Oliva
12.
Presso Santi
Quaranta
13.
Dei Mussolini
14.
Degli Avogari
15.
Alla piazza
dei Noli
16.
Presso le
prigioni demolite di S. Vito
17.
Ponteselli,
ai molini di S. Leonardo
18.
Nell’orto di
S. Teonisto, ponte ad acquedotto?
19.
Ponte fuor di
Porta Altinia
20.
Ponte fuor di
Porta S. Tommaso. Rinnovato 18..
21.
Ponte fuor di
Porta SS. Quaranta
22.
Ponte fuori
della Barriera dinanzi la
Stazione della Strada ferrata, moderno.”
Fapanni conta ben 22 ponti, alcuni ancor oggi ben
presenti in città ma altri, oltre aver cambiato il nome, si sono perse anche tracce.
Treviso si sa, è una città strana dove i corsi
d’acqua ora ci sono e un attimo dopo scompaiono sotto le case, come in un gioco
di illusione.
Cinque
cono i principali corsi d’acqua che
l’attraversano da nord a sud. Artefice di tanta ricchezza è il fiume Botteniga
che, entrando in città al ponte de Pria o de Piera, oltre a
dividere il suo alveo in tre rami, cambia nome divenendo Roggia, Cagnan di
Mezzo e Cagnan Grande. A sua volta la
Roggia all’incrocio con il ponte dell’Oliva, nei pressi ove
un tempo aveva sede il convento delle Cappuccine, cambia nuovamente nome in
Siletto.
A tale patrimonio d’acque per
molti secoli corrispose un’abbondanza di attività produttive, le quali
sfruttando il moto rotatorio delle ruote dei molini che giravano lungo i canali
che si dipanavano in città, ottenevano l’energia necessaria soprattutto per
macinare grano, ma anche per lavorare le pelli, ove il toponimo scorzeria
ancora persistente nei pressi del ponte Onigo, che ricorda appunto la presenza
di concerie in quel luogo, per far funzionare i filatoi di seta, come quello
posto sulla Roggia nei pressi del convento delle Cappuccine, o per pilare il
riso, produrre carta o per follare la lana.
Una moltitudine di segni: fori
utilizzati per l’innesto dei fusi che sostenevano la ruota, ora tracce prodotte
dallo sfregamento di quest’ultime sui muri, fino alla conservazione di alcune
ruote in corrispondenza dei maggiori complessi molitori. Tutto ciò che ancora
oggi è visibile lungo i corsi dei canali a testimonianza di un fermento
produttivo che si è mantenuto pressoché inalterato per molti secoli.
La maggior concentrazione di
mulini si trovava lungo il Cagnan Grande, e non a caso è proprio lungo questo
corso d’acqua che è ancora possibile vedere alcune ruote appartenenti a tre dei
maggiori complessi molitori presenti in città. A ponte San Francesco, in un
misto di magia e suggestione, girano ancora due ruote del mulino già
appartenuto ai nobili veneziani Tron e poi ai conti Rinaldi, dove avveniva la
pilatura del riso. Seguendo poi la corrente del Cagnan Grande, nei pressi dell’odierno
ponte della Campana, si incontra la ruota in ferro del mulino appartenuto al
monastero di San Parisio.
Del terzo nucleo oggi non
rimane altro che una ruota, posta oltre la passerella della Pescheria, e alcune
tracce sul muro di una casa nella calle denominata Ponticelli, che immette
nella piazzetta di Ca’ Spineda. Nel 1666 gli edifici da molino ai
ponticelli erano tre: uno a tre ruote di proprietà dei nobili Ravagnin, un
altro a due ruote delle Madri di San Marco di Burano e l’ultimo a quattro ruote,
e tutti macinavano grano. Nel 1685, però, troviamo che Gio. Batta Bertelli,
conduttore di parte di uno dei tre mulini, presentò una supplica agli organi
preposti della Repubblica veneziana affinché gli venisse concesso di usare la
ruota del suo mulino sia per macinare grano che come pesta tabacco. Ulteriori
notizie su questo nucleo molitorio è possibile trarle dai documenti dal fondo
dei Provveditori sopra i Beni Inculti conservati presso l’Archivio di Stato di
Venezia (b. 723 – 29 maggio 1795), in cui si dice che Fiorin Rossi, canonico
della cattedrale di Treviso, era proprietario di un mulino a due ruote “con
casa e caniva di muro coperta a coppi sopra l’acqua della Bottiniga nella
parrocchia di San Lunardo”, dato in affitto a Nicoletto Gusin. Fiorin Rossi
inoltre notifica al Podestà di Treviso, Iseppo Diedo, che “quando lavora con
una ruota, non può lavorare l’altra”, ma che con entrambe macina grano.
L’intero complesso ai
Ponticelli venne successivamente venduto ai Dalla Rovere che, come si rileva dai
disegni della Commissione d’ornato conservati presso l’archivio di Stato di
Treviso (B. 18 n. 4589), nel 1863 risulta ricostruito e adibito a “opificio ad
uso Cartiera”.
Bibliografia:
M. Pitteri, I mulini del
Sile. Quinto, Santa Cristina al Tiveron e altri centri molitori attraverso la
storia di un fiume, Quinto di Treviso 1988;
C. Pavan, Alla scoperta del
fiume. Immagini, storia, itinerari, Treviso 1989
R. Vergani, Gli opifici
sull’acqua: i mulini, in La
Civiltà delle acque, Cinisello Balsamo (MI) 1993, pp. 53-72
D. Gasparini, M. Merello, M.
Potocnik, Ruote e canali nel trevigiano dal medioevo all’età moderna, in
Euromills. The Exhibition,Roma 2002, pp. 26-32
Nessun commento:
Posta un commento