mercoledì 13 aprile 2016

Di una casa di Treviso: Via Calmaggiore n. 27-29




            Molte case trevigiane mantengono ancora inalterato il loro assetto architettonico e in molti casi anche la decorazione parietale.
Percorrendo le strade cittadine si possono infatti incontrare varie tipologie di case, alcune con caratteri gotici, altre con caratteri rinascimentali e altre ancora di aspetto ottocentesco. Tutte comunque raccontano delle storie, di persone che le hanno abitate, vissute e trasformate. Una città medievale che, cambiati i gusti, nel corso dell’Ottocento ha visto rettificare molti dei suoi prospetti.
Questa però è la storia di una casa che ha mantenuto inalterato il suo fascino e le sue forme.
 
Nel 1935 Luigi Coletti, parlando delle case trevigiane disse: “nessuna forse ha l’importanza architettonica del grande palazzo, ma hanno tutte un notevole interesse, sia considerate singolarmente, sia nel loro complesso, per il carattere che conferiscono alla città, e per la continuità di alcuni elementi struttivi e decorativi, che permangono durante secoli, pure attraverso l’adattamento a stili vari”.
Anche le unità edilizie, n. 27-29 di via Calmaggiore a Treviso, appartengono a questa tipologia di case. Esse infatti propongono uno schema costruttivo a schiera, sfruttando l’affaccio commerciale sull’unico fronte stradale e sviluppando la pianta in modo monodirezionale adattandosi al lotto gotico.
Dall’analisi dei prospetti delle due unità edilizie, si può ipotizzare che l’unità 29 sia stata costruita in un periodo di poco antecedente a quella 27. Infatti, essa presenta degli elementi costruttivi, come l’ampio arco a tutto sesto a doppia altezza sopra il quale si aprono tre fornici con assetto assiale sul fronte principale con poggiolo centrale e finestre laterali ad esso molto ravvicinate, che fanno ritenere sia stata costruita nella prima metà del XV secolo. L’unità adiacente invece, il cui affaccio è partito da due archi a tutto sesto e, nell’ordine superiore da tre aperture ravvicinate, presenta nella parte alta della facciata un tondo in pietra raffigurante lo stemma bernardiniano che collocherebbe la costruzione dell’edificio a non prima dell’ultimo quarto del XV secolo. Il ricco apparato decorativo, presente soprattutto nell’unità edilizia 27, confermerebbe inoltre questo tipo di datazione. 
Se l’unità 29, la più antica delle due, presenta nel sottoportico solo una Madonna con Bambino tra i Santi Sebastiano e Giovanni Battista della metà del XV secolo, l’unità 27 invece propone una maggiore varietà di decorazioni su più parti della superficie muraria. Secondo la Spiazzi, tutti sarebbero da ritenersi della seconda metà del XV secolo, ma la presenza dello stemma bernardiniano, proposto anche in una versione ad affresco, porterebbe a spostare leggermente più avanti l’intera decorazione, costituita da motivi a cassettoni con fiori, a vegetali con sirene e una Madonna con Bambino tra San Girolamo e Sant’Antonio.
 Dal punto di vista storico documentario, poco si sa dei due edifici. Al momento della loro costruzione, sicuramente il tessuto urbano in cui si sono inseriti era già consolidato. Nelle immediate vicinanze infatti erano collocati due importanti fabbricati: alle loro spalle si trovava la casa torre degli Oliva del XIII secolo, già destinata a stazione di posta dalla Repubblica Veneziana, dalla quale poi prese il nome l’intera contrada, e di fronte la torre Rossignona o del cambio che nel XIV secolo venne data in uso a banchieri fiorentini . Oltre a questi importanti capisaldi, nelle immediate vicinanze delle unità in oggetto dovevano esistere degli edifici adibiti a casa bottega fin dal periodo medievale visto che il Calmaggiore, antico decumano massimo di epoca romana, era uno dei principali assi viari della città.
Il primo dato certo lo troviamo nel 1678, quando l’unità 27 era abitata da Paulo Pualeri Capelar che pagava 1200 ducati di livello annuo, mentre l’unità 29, di più modeste condizioni, era abitata da Tomaso Meneghini Callegari e pagava 600 ducati di livello.
In un successivo censimento delle botteghe e degli edifici presenti in città nel 1710, data del rilevamento, si legge invece che, per l’unità 29, Tizzian Cavalli ha casa e bottega ad uso di Callegher,[confina] da una la corte dall’altra li nob. Antonio Fratelli Pola e dall’altra strada pubblica. Ad affitto a Iseppo Chialdira Calleghir, mentre per l’unità 27, D. Giacomo Voladin ha casa con bottega ad uso di Cappelir con altra bottighetta annessa ad uso di Marzer con l’insegna di Sant’Osvaldo conf. da una la corte, dall’altra il Tizian Cavalli, davanti strada pubblica. Tenuta per suo uso e la bottighetta affitata a D. Zuane Brissan.
Ulteriori notizie le possiamo dedurre dai registi redatti tra il 1811, anno in cui venne steso il sommarione del catasto napoleonico, e 1819, anno di ultimazione del Registro Tassa Arti e Mestieri. Come è possibile vedere anche negli allegati, l’unità 27, corrispondente al numero di mappa 1492 ,era di proprietà di Gaetano Foscarini che ne occupava anche l’abitazione, mentre la bottega, adibita ad uso modista e chincaglierie, era data in affitto a Gruet Giuseppe. L’unità 29 invece, corrispondente al numero di mappa 1493, era di proprietà di Loredan Antonio fu Domenico e data in affitto a Bussoli Giulio Antonio che, nello spazio adibito a bottega, aveva aperto una caffetteria con biliardo.
Da quest’ultima indicazione è stato possibile identificare in questa porzione di casa, l’antico caffè della Provvidenza, per molti anni gestito da Pietro Fabris. Nel periodo in cui però venne pubblicato il libro “Curiosità storiche trevigiane” il caffè Fabbris era chiuso già da molti anni e trasformato prima birreria e successivamente parte a rivendita di liquori e parte in merceria.

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